Cenni Storici Latisanotta

Cenni storici sulla chiesa di Latisanotta

La storia, sia civile che religiosa, del paese di Latisanotta è strettamente legata a quella del limitrofo, più grande ed importante, paese di Latisana. Lo stesso toponimo, ovvero denominazione, di Latisanotta siglifica “paese fondato dagli abitanti di Latisana“. La sua prima citazione nominativa esplicita è contenuta in un documento dell’agosto 1261, laddove è menzionato il “castrum Latisanota“. Allora il piccolo borgo era circondato da una cortina protettiva di pali di legno e al suo interno verosimilmente sorgeva una chiesetta. La sua comunità, in costante unione con quella di Latisana, visse dapprima sotto la dominazione e protezione dei conti di Gorizia, poi dal 1430 fino al 1798 sotto l’amministrazione feudale veneziana, esercitata all’inizio dalla famiglia Vendramin ed in seguito da un consorzio di famiglie patrizie. Con l’annessione del Friuli al regno d’Italia nel 1866 a Latisanotta fu ufficialmente riconosciuto il rango di frazione del comune o municipalità di Latisana. Tra i pochi avvenimenti importanti (in aggiunta alle ripetute e tragiche alluvioni del fiume Tagliamento e alle devastazioni subite nel corso delle guerre mondiali) meritano una segnalazione l’apertura della scuola elementare primaria pluriclasse nel 1882, la realizzazione della scuola dell’infanzia nel 1950 (poi intitolata a don Giacomo Baradello e fino al 2002 affidata alle amorevoli cure delle suore della congregazione Piccole Ancelle del Sacro Cuore), la costruzione delle scuole elementari nel 1970 e l’erezione nel 1974 del monymento in memoria dei caduti e dispersi di tutte le guerre, progettato dallo scultore locale Lionello Galasso.

Sotto l’ambito ecclesiastico le vicende di Latisanotta procedono parallele a quelle della pieve matrice di Latisana: la sua piccola comunità cristiana, appartenuta originariamente al patriarcato di Aquileia, nel 1180 fu incorporata in quello di Grado, convertito in quello di Venezia nel 1451; sotto la cattedra marciana poi rimase soggetta fino al 1818 quando passò sotto la giurisdizione della diocesi di Udine. Il servizio religioso veniva prestato dal pievano di Latisana o da un suo capellano delegato. Si ha notizia della cappellania nel secolo XV; più tardi essa venne soppressa e ricostruita soltanto nel 1846, quando ne fu delegato don Sebastiano Zanelli di Teor e la chiesa divenne “sacramentale”. L’amministrazione economica della chiesa era affidata a due compaesani eletti camerari, che però non sempre si comportarono in modo onesto se nella visita spirituale del 1591 il delegato patriarcale mons. Giovanni Mozanega li minacciò di scomunica qualora non avessero rimesso in ordine le entrate della chiesa. La comunità cristiana di Latisanotta, ottenne la piena autonomia da Latisana il 1° gennaio 1927, quando fu costituita la parrocchia di Latisanotta, intitolata a Santa Maria Maddalena e affidata al primo parroco don Giacomo Baradello. La chiesa succursale di Crosere, intitolata alla Madonna della Strada e progettata dal geometra Enor Milocco, fu eretta dalla generosa popolazione della borgata stimolata dai parroci don Giacomo Baradello e don Danilo Stel e fu benedetta dall’ arcivescovo mons. Giuseppe Zaffonato il 14 settembre 1961. Dal giugno 1997 il pievano di Latisana ha assunto anche il ruolo di parroco di Latisanotta.

A Latisanotta da tempo antico, forse dal secolo XI, una piccola chiesa intitolata a Santa Maria Maddalena esisteva sul lato destro della strada che conduce al fiume. Nel 1770 la popolazione generosamente sostenne l’onere della demolizione della chiesetta e della sua ricostruzione con pianta a croce greca ed annesso campanile in una posizione più arretrata rispetto al fiume ed alla sinistra della strada: la sua consacrazione – come attesta la lapide affissa all’esterno dell’attuale edificio sacro – fu impartita dal vescovo di Udine mons. Emanuele Lodi il 20 luglio 1828. Il sacro tempio e il campanile furono gravemente danneggiati durante la prima guerra mondiale: il campanile (che era stato riedificato nel 1905) fu restaurato, la chiesa fu invece abbattuta e ricostuita sul progetto del geometra udinese Giovanni Tonini con il sostegno del Ministero delle Terre Liberate e le offerte della popolazione. Le cerimonie della posa della prima pietra e della benedizione delle tre nuove campane – forgiate nel 1924 presso la Fonderia Colbachini di Padova ed accordate sul motivo mi, maggiore, fa diesis, mediana, e sol diesis, minore – furono officiate il 18 luglio 1926 dall’ arcivescovo mons. Antonio Anastasio Rossi; la nuova moderna chiesa fu solennemente aperta al culto il 29 maggio 1927. Notevoli interventi di restauro strutturale, pavimentazione, ammodernamento degli impianti, decorazione e tinteggiatura della chiesa sono stati realizzati nel 1987-1990 e nel 2010; la chiesa riportata a nuovo splendore è stata benedetta nell’ottobre 1990 dall’ arcivescovo mons. Alfredo Battisti e l’ 11 settembre 2010 dal vicario episcopale mons. Guido Genero. Nel luglio 2002 sul restaurato campanile sono stati collocati gli orologi dei quadranti e un nuovo concerto di campane.

La chiesa consta di un’aula rettangolare composta da tre navate e un’abside poligonale sopraelevata rispetto alla navata centrale ed ospita tre altari marmorei. L’altare maggiore è un rifacimento moderno del manufatto realizzato dal portogruarese Giovanni Battista Bettini (1769), con recupero del tabernacolo e mensa originali. Dello stesso scultore sono gli altari laterali intitolati alla Madonna del Carmine e all’ Apostolo San Barnaba. Alcuni elementi dell’arredo artistico della chiesa meritano una speciale segnalazione. La pregiata pala d’altare raffigurante la patrona Santa Maria Maddalena, secondo un’ annotazione conservata nell’archivio parrochiale, potrebbe essere stata dipinta nel 1619 dal veneziano Paolo de Grassi. La tela, databile al tardo Cinquecento e raffigurante i Santi Barbaba apostolo (al centro), Urbano papa (a destra) e Valentino martire (a sinistra) ornava un tempo l’omonimo altare. Decorano l’abside tre quadretti rappresentanti la Madonna del carmine, Santa Apollonia e Santa Agata, sul lato destro dell’altare maggiore, e la delicata effigie pittorica di San Domenico Savio, eseguita nel 1991 da Lionello Galasso, sul lato sinistro. La statua lignea della beata Vergine del Carmine, offerta dalla popolazione, opera egregia dello scultore gardenese Giuseppe Runggaldier, è stata inaugurata il 17 luglio 1938. Nell’ottobre 1990 è stato collocato nell’abside il nuovo Crocefisso, opera lignea dello scultore gardenese Peter Demetz. Il 15 luglio 2000 in occasione del 40° anniversario della sua ordinazione sacerdotale, il compaesano don Saverio Mauro ha fatto dono delle belle statue di pietra di Lecce, prodotte dallo scultore veneto Antonio Boatto, raffiguranti i Santi Ermacora e Fortunato patroni della diocesi udinese, che adornano l’altare maggiore (un tempo decorato con le statue lignee dei santi Urbano papa e Francesco d’Assisi). Un’altro omaggio iconografico è stato offerto nel 2007 dai fratelli Giuseppe e Luciano De Marchi col bassorilievo ligneo di San Giorgio e il drago, pregevole opera del loro padre scultore Mario, emigrato in Argentina nel secondo dopoguerra. Le suggestive vetrate delle monofore prospicienti l’altare maggiore, rappresentanti la Madonna e gli Apostoli Pietro e Paolo, e delle monofore laterali, rappresentanti gli altri dieci Apostoli, sono state prodotte nel 2009 dalla rinomata officina veronese “Progetto Arte Poli”.

(a cura di Vinicio Galasso)

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